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      L'indomani finì il vino che avevamo portato e nel monte non si trovava una goccia d'acqua. Trovammo solo in una valle un fossato d'acqua fangosa e verminosa dove poco prima s'erano ravvoltolati i maiali. Ma tanta era la sete, che ne bevemmo. Il peggio fu che, errando di monte in monte, la guida smarrì la via, tanto che non sapevamo più dove fossimo. Camminammo tuttavia senza fermarci e alle tre dopo mezzogiorno, scendendo da un alto monte, trovammo a mezza scesa un vaccaio col cappello a pane di zucchero e la gala bianca ed una accetta sulle spalle, con una faccia dannata. Gli domandammo che c'indicasse qualche ruscello per dissetarci, ed egli, per risposta, ci chiese perché non andavamo a ber vino a Licenza (Licenza è un piccol castello del marchese di Palombara, tra i monti e sopra una costa che ci stava in faccia). Gli rispondemmo che era troppo lontano, ma egli replicò che non era vero e che in quattro salti ci si poteva arrivare. Lo pregammo allora d'indicarci la strada e ci disse di scendere il monte a dirittura e che ci saremmo subito. Lo ringraziammo e scendemmo il monte nella direzione indicata, quando, dopo cinquanta passi, alzai la testa e vidi che il contadino aveva abbandonato le vacche e correva quanto poteva per la montagna. La rapidità della sua corsa ci fece subito sospettare che fosse una spia e si sa che presso di noi tutti i contadini sono costretti ad esserlo sotto pena di una grossa multa.
      - Dunque, - dissi a Francesco - bisognerà soffrire piuttosto la sete e passare la notte qui.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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