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      Dovevano essere le tre dopo la mezzanotte, quando ci coricammo in terra per prender fiato, e poco dopo sentimmo i birri, svegliati, chiedersi tra loro se non avessero visto nessuno, e nessuno aveva visto. Seguitammo a salire il monte dove ci nascondemmo in una specie di boschetto accomodato dai cacciatori per spiare gli animali senz'esser visti.
      La luna era allora coperta di nubi e cominciava a piovere. Dormimmo circa un'ora, quindi salimmo sino alla cima del monte e prima di giorno ci trovammo per una bellissima costa. Vi camminammo sino al sorgere del sole, quando trovammo un uomo che custodiva certi cavalli. Appena ci vide, nel suo dialetto napoletano ci disse:
      - Buon giorno! Buon giorno! Dove andate voi per queste rocce, per questi spineti, per questi sentieri?
      Si sa che i napoletani mettono tre o quattro parole dove non ne bisogna che una.
      Gli risposi nel suo stesso dialetto che andavamo nel regno di Napoli.
      - E di dove venite? - riprese egli.
      - Da Marino - gli risposi.
      - Voi da Marino? Siete invece fuggiaschi, scappati da Roma!
      Questo discorso, lo confesso, mi sorprese, ma senza commovermi gli replicai:
      - Ti dico che siamo di Marino e che andiamo nel regno di Napoli alle nostre gregge.
      - Ah tu sei pastore! - riprese egli, indicando il collo che avevo scoperto. - Ma ti pare che questa sia pelle di pastore?
      Non seppi che rispondere, poiché natura m'aveva fatto così. Mutai dunque discorso e gli chiesi di chi erano i cavalli che custodiva. Mi disse che erano del marchese Nugnez; ma tormentato dalla curiosità tornò alle sue interrogazioni, dicendo:


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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