Rimasi a terra una buona mezz'ora senza potermi alzare. Era già notte scura, e si capisce facilmente in che triste stato mi trovassi. L'unica mia fortuna fu di non avere avuto colpi alla testa né ossa rotte, altrimenti la mia storia sarebbe finita allora e voi non avreste avuto l'incomodo di sentirla. Mi trovai senza vesti, senza quattrini, colla sola camicia e le mutande indosso, carico di legnate, pieno di lividi e senza sapere dove dirigermi.
Finalmente mi rizzai e vedendo un lume, m'incamminai da quella parte. Faticai molto a trascinarmici, e trovai una capanna di pastori. Le buone persone che c'erano, mi ricevettero con molta carità ed io narrai loro la mia disgrazia, mostrando i lividi che avevo da per tutto. Me li lavarono con vino caldo, poi mi coprirono di pelli di pecora cucite insieme e mi diedero da bere una gran tazza di latte tiepido. Mi dissero, per consolarmi, che tutti i giorni appiccavano qualcuno di quegli sciagurati assassini, ma che non si poteva spegnerne la razza ed io dovevo riputarmi fortunato se non m'avevano ucciso. Quindi, col fieno, mi accomodarono una cuccia nella stalla dove erano molte vacche e pecore, e mi lasciarono lì, a riposare, se potevo.
Mi ricordai allora di aver cucito nelle mutande due testoni d'Innocenzo XI, che sono press'a poco 60 soldi. Subito palpai con la mano e fui lietissimo di ritrovarli, poiché feci il conto che con un baiocco al giorno di pane, (e mi poteva bastare), avrei tirato avanti 60 giorni senza morire di fame. Riposai, benché indolenzito, fino al ritorno del sole e mi trovai allora meno abbattuto della sera prima.
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Innocenzo XI
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