- Io amo Roma ed i romani - seguitò egli - poiché là trovai ottimi amici che contribuirono alla mia fortuna. Sua Eminenza il cardinale Basadonna fu il mio protettore ed a lui debbo il canonicato di cui godo nella cattedrale di questa città. Egli è morto ed io prego Iddio che l'abbia nella sua gloria. Aveva un segretario che si occupò per me come un amico generoso. Si chiamava Pignata e non lo dimenticherò fin ch'io viva!
Il ricordo del mio buon padrone, la cui morte fu il principio delle mie disgrazie ed il visibile favore del cielo che dopo tante traversie mi faceva incontrare questo canonico in un luogo ed in un tempo in che ero privo di tutto, m'intenerirono in un modo tale che non potei trattenere il pianto. E le lacrime furono tali che il prete, sorpreso, me ne domandò la ragione.
- Signore - dissi - io sono Pignata!
- Voi, Pignata?
- Sì, io sono il disgraziato Pignata, e riconosco lei, che quindici o vent'anni sono venne a ringraziarmi pel canonicato ottenuto, portandomi un barile d'uva secca, un prosciutto, un formaggio e, di più, due pistole; e mi ricordo che non presi altro che il barile d'uva.
A queste parole il buon prete mi prese la mano e mi pregò di seguirlo. Giunti a casa sua, dovetti fare il racconto de' miei casi pietosi ed informarlo di tutte le disgrazie toccatemi, fino all'ultima che mi colpì presso Carpignano e ne mostrai i segni e le lividure. Egli non poté ascoltare le avventure mie senza sorpresa e dolore.
- Ma - mi disse - poiché non c'è più rimedio, io almeno sono lieto di averla in questo paese fuori di mano e lontano da Roma, dove non s'intese mai parlare della prigionia di lei.
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