Quel giorno il vento fu tanto favorevole che la sera eravamo presso alle coste e si vedeva di già la Vallona, ma sul far della notte il vento divenne contrario ad un tratto. Il mare si gonfiò e la tempesta cominciò a scuoterci in modo che parecchie volte ci credemmo perduti. Per disgrazia peggiore sopravvenne una pioggia così terribile che tolse ai marinari il coraggio e la forza di lavorare. Tutti i loro vestiti erano bagnati come se fossero stati tuffati nel mare.
La pioggia violenta continuava sempre, le onde passavano sopra la nostra tartana, la fatica e l'intorpidimento mettevano tutti fuor di stato di operare. La gran vela di mezzo era tanto carica d'acqua che il suo peso faceva pendere la barca in modo che fu parecchie volte sul punto di rovesciare, poiché la vela si tuffava quasi nel mare; e se le balle di cui la nave era carica, si fossero slegate, il peso sarebbe venuto dalla parte che pendeva e saremmo subito affondati.
In mezzo a questo terribile uragano, l'anello dell'albero che sosteneva la vela maggiore si ruppe ad un tratto, ma il pilota, avendo subito dato il segno, due marinari arrampicandosi lungo la vela, rimediarono come si poteva, legando all'albero con una grossa corda la vela che tirava l'albero in modo che già si piegava e rischiava di rompersi e di mandarci in fondo al mare.
La furia del vento durò tutta la notte e solo all'indomani, a due ore dopo mezzodì, potemmo scoprire la terra e capire dove eravamo. Eravamo giusto in faccia a Zara in Dalmazia. La nostra tartana entrò, come piacque a Dio, tra le isolette che sono in quei paraggi, ma non poteva afferrare il porto e più volte corse il pericolo di rompersi sugli scogli.
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