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      Ci rimettemmo presso al fuoco e facendo cocere i pesci sulla brace ricominciammo a mangiare ed a stare allegri. Sul far del giorno il padrone, vedendo che il vento aveva cambiato dal nord all'ovest e che ci era favorevole, fece levar l'àncora senza perder tempo; ma non avevamo fatto 15 o 20 miglia che il vento tornò contrario e dovemmo approdare ad un'altra isola, detta Selve.
      Trovammo meno legna in quest'isola che a Melata, ma, in compenso, il territorio ci parve più fertile. C'erano molte vigne ed alcuni ulivi, con orti pieni di cavoli in verità non troppo belli. L'abitato ha più aria di città che di villaggio poiché vi sono tre chiese ed una gran torre. La cupola della cattedrale è assai bella pel paese. C'è un convento di zoccolanti e la chiesa, separata, fa simmetria col convento.
      Mentre ascoltavamo la messa seppellirono una ragazza di 17 anni, coronata di mirto, la povertà della quale si conosceva dai funerali, illuminati da un solo pezzo di torcia e da quattro piccole candele. Mentre si diceva la messa pel riposo dell'anima sua, i suoi parenti scavavano la fossa e la terra che rimuovevano quasi non era che ossa e crani di morto, coi quali la ricoprirono.
      Il giorno dopo, che era festivo, andammo alla messa in Duomo, dove trovammo molta gente. Le donne portavano cappelli e pastrani come gli uomini e questi avevano certe camiciole e berretti alla marinara. Il prete celebrò la messa in lingua schiavona e il sacristano, dopo aver incensato l'altare, venne ad offrire l'incenso a tutti quelli che erano in chiesa, uno per uno: cerimonia che durò più di mezz'ora, e poteva pur darlo a tutti in una volta.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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