Mi rispose che il luogo più adatto era una cameretta vicina al granaio. Subito ci fui e cominciai a disporre le scene per la rappresentazione di Santa Genoveffa, desiderata dal principe.
Appena fatto il piano, mio fratello lo portò al principe che l'approvò e mi fece dire di metterlo in versi. Chi allora non m'avrebbe detto felice? Anch'io mi credevo tale, poiché, dopo le miserie della prigione e tanti dolori e traversie sofferte per non essere ripreso, finalmente mi vedevo libero, al servizio di un principe che m'aveva offerto con tanta cortesia di tenermi con sé. Andavo a corte, mio fratello m'assisteva e mi accarezzava, tutti volevano essermi amici e facevano a gara per attestarmi stima, in modo che mi lusingavo d'essere stabilito a Gratz in modo che nulla mi potesse obbligare ad uscirne. Ma chi può fidare nell'incostanza della fortuna? Tutte queste belle apparenze mutarono ad un tratto!
Ero appena da quattro giorni a Gratz e lavorando al libretto nella mia cameretta ero giunto all'ultima scena del primo atto, allorché, verso sera un italiano, amico di mio fratello, venne a dirgli che i soldati l'avevano fermato per sapere il suo nome e la professione e per chiedergli se conosceva il fratello del maestro di musica da camera del principe di Eckemberg, giunto a Gratz da pochi giorni. Aggiunse d'aver risposto che non sapeva quel che volessero dire, né di chi cercassero, e che quanto a lui era studente dell'Università. Disse a mio fratello che per buona amicizia aveva creduto bene d'avvertirlo e che stessimo in guardia.
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