Sentendomi cadere sull'asse, credetti d'aver sfondato il letto, ma vidi subito che non c'era nulla di rotto e che l'invenzione dipendeva dalla delicatezza degli abitanti.
Non abituato a dormir così morbido e caldo sulle piume, gettai ogni cosa per terra sopra la sponda e mi addormentai sul fondo del letto ravvolto nel mantello, altrimenti non avrei potuto prender sonno. Due ore dopo, sul più bello del riposo, il servo dell'oste entrò nella mia camera con una misura di stagno in mano, dicendo che mi portava il vino. Era un po' fuori di tempo, ma poiché la sete mi tormentava ancora, ne bevetti come sognando, senza badare a nulla, ma subito m'avvidi che l'aceto di Italia è assai migliore di quel vino. Fui tentato di buttare il resto sul naso di chi me l'aveva portato, ma mi contenni e per sfogare la bile mi contentai di dirgli:
- Dopo avermi dato della birra amara, che diavolo t'è venuto in mente di portarmi questo aceto e interrompermi il sonno?
Il povero servo che non mi capiva ma vedeva bene dalla mia cera che non ero contento, lasciò il vaso sulla tavola e flemmaticamente se ne andò senza dir nulla. Il giorno dopo non potei a meno di rimproverare, a segni, l'oste che m'aveva dato dell'aceto e non del vino, ma egli protestò che l'aveva avuto per grazia singolare da un curato che stava una lega lontano e che fino a Monaco non troverei di meglio.
Questi dialoghi essendo inutili, pagai e sul fare del giorno montai a cavallo, avendo ancora da fare otto leghe, e per grazia di Dio le feci felicemente ed a mezzogiorno preciso entrai nella bella città di Monaco42 dove rimasi tre giorni; ed avendo trovato nella locanda un ufficiale italiano, potei, per bontà sua, vedere le cose più notevoli della città e prendere un posto nella carrozza postale che va tutte le settimane ad Augsburg.
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