Io gli dissi che lo ringraziavo della premura e che mi avrebbe fatto assai piacere procurandomi la conoscenza di quei signori. Che infatti potrei benissimo passare per le Corti del Luneburg i cui Principi erano conosciutissimi ed onorati tanto in Italia che in Germania; ma che tuttavia non sapevo dove la mia cattiva stella mi avrebbe condotto.
La signorina Meyer venne a visitarmi anche il giorno dopo e mi pregò di permetterle di condur seco alcune amiche sue che desideravano, come lei, d'imparare l'italiano e di sentirmi suonare la spinetta e cantare alcune ariette. Le risposi che era padrona di condurre chi le paresse e che me ne terrei onorato. A questo modo ebbi, per tre volte alla settimana, nella mia camera, una bella assemblea di ragazze, la più vecchia delle quali non aveva 20 anni.
Queste signorine mi condussero nelle loro case e mi procurarono la conoscenza dei loro parenti. Fui invitato a desinare con loro parecchie volte e tutte le feste mi conducevano nelle loro ville dove non si pensava che a divertirci. Il signor Meyer, il pittore, che aveva passato in Italia una parte della sua gioventù, era ben lieto che qualcuno gli ridestasse in mente le memorie di quel che aveva veduto nel bel paese. Mi fece vedere tutte le sue pitture, e quando gliene dissi il mio parere, credette o che me ne intendessi o che fossi un gran dilettante. Ad ogni modo mi seppe buon grado delle lodi date ai suoi quadri, i quali, in verità, le meritavano.
Egli fece quanto poté per indurmi ad andare nell'Hannover e il dottor Meyer, suo fratello, agente di quella Corte si offrì di darmi lettere per gli amici che aveva colà. Ma siccome ero, e sono tuttora preso dal pensiero di cercare in un'altra parte del mondo il riposo che veggo impossibile in Europa, dove i miei implacabili nemici non mi vogliono lasciare alcun asilo, sono venuto ad Amsterdam per vedere se ci posso trovare qualche favorevole occasione d'impiego o qualche imbarco per andare a trovare tra le nazioni barbare la libertà, della quale non godo se non dal mio arrivo qui, e che stento ancora a sentire, tanto sono avvezzo alle traversie; quella libertà che mi fu tolta durante i tre o quattro più begli anni della vita.
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