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      Inclinerei pertanto a credere che per la diffusione che in allora, sebbene condannate solennemente, avevano le dottrine del Molinos, il Pignata fosse messo dentro come presunto seguace di esse. Ma di qual quietismo: del dottrinale o del pratico? Forse veramente né dell'uno né dell'altro: ma di un certo quietismo, che potrebbe dirsi scientifico, che dal religioso prendeva l'ardore col quale proseguire non già il divino, ma il vero delle cose naturali, padroneggiandole colla forza del pensiero, e spregiando le fuggevoli apparenze dei sensi. Vedremo or ora come principal capo della congrega a cui il Pignata apparteneva, fosse un uomo d'ingegno ardito e cercatore del nuovo, intento a strappare i veli e scoprire i segreti della natura: indifferente così alle norme rigide della religione come a quelle severe del costume, ma ardentissimo nella investigazione scientifica. Tipo di questo genere di uomini, liberi insieme e superstiziosi, audaci a un tempo e puerili, era stato il cavalier Borri,6 mezzo dotto e mezzo ciarlatano, mistico e taumaturgo, sin dal '72 condannato e chiuso in Castel Sant'Angelo, dove però lo andavano a consultare l'ambasciatore di Francia ed altri cospicui personaggi, e donde qualche volta poteva uscire per consultazioni mediche, finché vi morì nel '95. In uomini siffatti, non ortodossi in religione, e nella vita non regolati, all'Inquisizione, che era sulle peste del quietismo, poteva ben sembrare di trovar qualche sentore dell'abborrita dottrina, e il sospetto di professarla più o meno colpire quanti di costoro le cadessero fra le mani.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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