Fermiamoci un momento a questo Oliva, che è un curioso individuo; e chi aggiungesse di più e peggio, forse non errerebbe. Era nativo di Reggio di Calabria, ed aveva principiato coll'essere, sebbene appena diciannovenne, teologo del cardinale Francesco Barberini. Ma, nel 1646, ricoveratisi i Barberini in Francia, tornò in patria, dove si afferma che si ponesse a capo di squadre armate di ribelli, in favore del Duca di Guisa, e perciò fosse tenuto in carcere. Uscitone dopo un lustro, lo troviamo nel 1663 lettore di medicina in Pisa, successore al Malpighi. Qui ne fece una bella, recitando come Prolusione al suo corso una Orazione del Mureto, e a chi se ne accorse e lo rimproverò, rispose a faccia tosta, che peggio non voleva dire, e meglio del Mureto non poteva: d'altra parte, pochi se ne sarebbero avveduti. Ho conosciuto altri che, ai giorni nostri, ha fatto come l'Oliva, e peggio, e per giustificarsi, addusse che ciò che sembrava plagio era mero e fortunato incontro di concetti e di parole! Ma il granduca Ferdinando aveva preso a benvolere l'Oliva, e se lo teneva a chiacchierare per molte ore della notte: talché (dice un suo discepolo, Vincenzo Ambra) la mattina gli alunni, fra' quali erano Lorenzo Bellini, poi celebre anatomico e poeta, e il non meno celebre G. Alfonso Borelli, lo andavano a destare, ed egli «non ancora del tutto svegliato né del tutto vestito, scendendo abbasso, dettava senz'ordine e senza metodo varie lezioni sopra varie materie, tutte però ripiene d'una profondissima scienza delle cose naturali».9 «Il signor Oliva - scriveva il Redi al Dati - è più bizzarro che mai, e più virtuoso che mai»: dove si badi di prendere la parola «virtuoso» nel senso che allora aveva, di valente in alcuna disciplina.
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