Le lenzuola, anch'esse tagliate e cucite insieme e attorcigliate a guisa di fune, dovevano servire a scendere da un'altezza di circa ottanta piedi. Giunse finalmente la notte, e prima di sfondare definitivamente il palco, i due disgraziati si gettarono l'uno nelle braccia dell'altro, giurandosi mutua assistenza ed eterna fratellanza: poi, con difficoltà maggiore di quella che supponevano, per la strettezza del foro e la grossezza dell'Alfonsi, che dové lasciarvi più brandelli di carne, giunsero nella stanza superiore. Legarono fortemente un capo del lenzuolo alla balaustrata di un balcone, e cominciarono a discendere. Ma l'Alfonsi, sceso pel primo, non tenendo il lenzuolo fra le gambe e troppo presto lasciandolo colle mani, cadde e si stracollò un piede: il Pignata calò giù senza inconvenienti.
Il caduto giaceva in terra, lamentandosi a bassa voce; ma al sano non restava che salvarsi prontamente: e così fece dopo aver mescolato le sue alle lagrime dell'amico. Si avviò dunque alla prossima porta di Cavalleggeri, dove giungevano le grida dell'Alfonsi. Il guardiano gli dimandò che cosa fosse: egli finse di nulla sapere o capire; ma le strida dell'Alfonsi lo perseguitarono anche fuori delle mura, dandogli tristo presagio de' fatti suoi: e appena arrivato in aperta campagna, si gettò in terra mezzo morto dalla commozione e dalla fatica.
Così il Pignata volse le spalle a Roma, e con esempio singolarissimo scampò dalle carceri del Sant'Uffizio, dopo oltre quattro anni di detenzione. Singolarissimo ho detto il caso; ma il vero è che pochi anni appresso si rinnovava in una persona di cui è rimasto ignoto il nome, non l'avventura.
| |
Alfonsi Alfonsi Pignata Cavalleggeri Alfonsi Alfonsi Pignata Roma Sant'Uffizio
|