Il primo non si sa dove sia andato, ma il secondo, nel calare le lenzole e coperte che aveva cuscite assieme, e fatto a modo di corda, cascò e si ruppe una coscia, per il che non poté moversi, e la mattina fu trovato, e rimesso in Sant'Offitio all'Infermeria.
Aggiungiamo, per chi si fosse interessato al mal capitato Alfonsi, che, a quel che poi ne seppe e ne riferisce il Pignata, guarì dalla caduta, ma la moglie di lui, saputo dei suoi casi, morì di spavento e di dolore.
A maggior conferma, giovi anche questo brano di lettera dell'agente toscano in Roma, Lorenzo Mancini al senatore Panciatichi, ai 10 novembre 1693, che ci fu favorito dal defunto amico G. E. Saltini, addetto all'Archivio di Stato di Firenze:
Questa notte dalle carceri del Sant'Offitio è fuggito un tal Pignatta; ed un tale Alfonsi nel saltare un muro assieme con quello, non ha potuto effettuare il suo desiderio, essendosi nel saltare rotta una coscia. E l'uno e l'altro di questi erano già condannati come complici nella causa di monsignor Gabrielli.
E nella stessa data, il medesimo agente comunicava così a un Bassetti l'identica notizia:
Questa notte, essendosi accordati alla fuga dalle carceri del Sant'Officio un tal Pignatta ed un tale Alfonsi, complici nella famosa causa di monsignore Gabrielli, al primo è riuscito il mettersi in salvo, ma l'altro non ha incontrato così buona fortuna, per essersi rotta una coscia nel saltare un muro.
Dopo queste testimonianze crediamo che sarebbe impossibile persistere nel dubbio circa la realtà della fuga
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