I fonti dell'incredulità sono la corruzione del cuore, e l'orgoglio della mente; del primo non può cadere sospetto, servendo anzi moltissimo le matematiche a distaccar dal sensibile, col fissarci in oggetti intellettuali ed astratti; potrebbe non essere irragionevole un sospetto sopra il secondo. Infatti un giovine che sente il sodo delle cognizioni acquistate, e che s'accorge di possedere nel calcolo un istrumento, il quale gli regge ancora a gran lena dove vacilla e si perde il ragionamento: avendo ancor recente il senso della sorpresa, nè ben con freddezza ordinate le idee, e distinta quella barriera, che separa la scienza delle quantità dalle scienze morali; prova qualche difficoltà a chiamarsi ignorante, e a cedere e ad inchinarsi sotto il peso dell'autorità. Ma questo può essere il difetto del principiante, non già di chi fatto provetto nelle matematiche trova ad ogni passo in queste medesime scienze mille argomenti per umiliarsi. Più che si studia, più che si penetra addentro nelle viste de' grandi Geometri vedesi da tutte parti ingrandirsi la provincia di ciò che potrebbe sapersi, e che pur non si sa; si scuopre, per esempio, che di un numero indefinito possono essere i calcoli derivati, e non se ne conoscono che tre o quattro, di cui nondimeno è così corpulenta la mole da sconfortare i meno coraggiosi. Quasi ogni verità che si impara ci costa la contemporanea cognizione di molte ignoranze, di cui non aveasi per l'addietro, essendone al bujo, quel rincrescimento che viene poscia ad intorbidarci il piacere della verità conosciuta.
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Geometri
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