Ora osserva, o Uranio, se sia molto differente quest'altro sillogismo, in virtù del quale noi crediamo i misteri della Rivelazione. Io so, e la provo colla mia ragione, l'esistenza della Rivelazione, e conosco che quanto in essa si contiene, essendo parola di Dio, debb'essere tutto vero; ma il tal mistero o il tal dogma è veramente contenuto tra le cose rivelate: dunque sarà verissimo, ed io debbo crederlo francamente. Confronta i due sillogismi: vedrai che in ambi i casi le due conseguenze per se direttamente impercettibili si credono in virtù delle premesse, che dalla ragione vengono dimostrate: le dimostrazioni per le premesse del secondo sillogismo, tu puoi vederle presso i nostri sacri Apologisti. Dimmi ora, o caro amico, se ti pare un retto linguaggio quel chiamare la ragione trionfante nel primo caso, e sagrificata nel secondo.
Odo però l'obbiezione di qualche moderno miscredente: se non possiamo veder di fronte certe verità matematiche, vi troviamo almeno colla ragione una convenienza, che esclude ogni ripugnanza e contraddizione: non così di alcuno tra i misteri rivelati: motivo per cui vi sono degl'increduli in religione, e non vi sono degli increduli in matematica. Tutto questo discorso è una solenne menzogna. Che niun mistero rivelato presenti soggetto di vera contraddizione, è cosa vittoriosamente provata presso i nostri controversisti: e se qualche apparenza fallace se ne affaccia alcuna volta alla nostra mente, ciò nasce dal non aver ella allora presenti tutte quelle idee, che si richieggono per fare sì gran giudizio, e dall'usare nelle cose divine di quelle stesse viste colle quali suole ragionare nelle cose umane: eccoti una similitudine.
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