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      Nondimeno dirò che quel sapientissimo e provido consiglio, il quale ha voluto, che talora si vedessero frutti dolcissimi nati in mezzo a rami spinosi, ed acque pure e salubri sgorganti da durissime rupi, può far sì, che anche non allontanandoci dagli oggetti di nostra giornaliera applicazione, questi stessi a noi forniscano edificanti pensieri, che ci parlino utilmente dell'essere nostro, di Dio, della Religione, e dei nostri privati e sociali doveri. Io bramerei di poter espandere l'anima mia, e a lungo trattenermi in un così soave argomento. Essendo vasto il campo da percorrersi, nè convenendo il farlo fugacemente, in una sola sua parte m'indirizzerò per questa volta: riserbandomi a migliore occasione le matematiche applicate, mi occuperò presentemente delle pure ed astratte, campo, che universalmente si crede il più sterile ed ingrato, e il meno atto ad essere irrorato da celeste rugiada.
      La prima e più facile riflessione, che ci somministrano queste scienze figlie dell'umano pensiero, si è sull'eccellenza del nostro spirito dotato di quella maravigliosa facoltà, che dicesi dell'astrarre, per cui egli ragiona sulle essenze delle cose spogliandole degli accidenti, che le accompagnano nei concreti, e corre sopra tutto l'esistente, ed anche sopra il possibile con generali, e rapidissime considerazioni. Quando io penso a questa facoltà d'astrazione, di cui non si è mai potuto riconoscere alcun'orma ne' bruti, mi par di veder l'uomo di gran tratto elevato su tutto ciò, dove i suoi sensi si incontrano: veggo spezzata quella fantastica catena, che fu immaginata congiungere per piccolissimi ed insensibili anelli il sasso coll'essere ragionevole; un sentimento, non so, se di compassione o di dispetto, mi sorge in cuore per quel cieco filosofismo, che non vuole veder nell'uomo, se non materia.


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Lettere scientifiche di Evasio ad Uranio
di Gabrio Piola
Editore Fiaccadori Reggio
1825 pagine 73

   





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