Eccone un esempio nel Laplace, che nel mentre (Saggio filosofico sulle prob. pag. 4.) va traviando nell'immaginare una formola, in cui siano contenuti tutti i movimenti della natura; vede a traverso delle sue ipotesi quella sublime intelligenza, che conosce tutte le forze, da cui la natura è animata, e alla quale nulla v'è di incerto, essendo l'avvenire come il passato presente a' suoi occhi; e conchiude parlando dello spirito umano "tous ses efforts dans la rechérche de la véritè tendent á le rapprocher sans cesse de l'intelligence, que nous venons de concevoir, mais dont il restera toujours infiniment éloigné".
Che se le matematiche possono di tal maniera innalzar l'anima, saranno poi esse affatto mute di quella favella, che penetra il cuore? Io nol so, ma mi sembra, che contemplando tanta pompa di perfezioni nell'Essere supremo, e poi discendendo al mio essere, di cui ravviso ogni prerogativa, come da quel primo tutto derivata, i miei affetti non rimangono addormentati; sento, che li scuote quella voce medesima, che prima ha destati i miei pensieri. Si sveglia un'altissima ammirazione, perchè l'Ente in se beatissimo abbia voluto far di nulla una creatura, ed arricchirla di nobilissime doti: sorge in appresso la gratitudine per beneficio sì segnalato, e l'amore mette l'ali verso quel centro d'ogni bene, che quantunque infinito è pur quel solo, che basta ad appagar le sue brame. La mente, ed il cuore mantengono fra loro una mutua intelligenza: mentre quella scopre l'Essere sapientissimo, e onnipotente, questo il desidera amabilissimo, e pietoso; e allora subito ripiglia la prima, che l'Essere infinito debba esser tale egualmente in tutte le perfezioni, sì che se è infinita la sua sapienza, infinita è pure la sua bontà. Ed ecco una felice disposizione per conforto di quella Fede, senza di cui ogn'altra credenza intorno alla Divinità non ci gioverebbe a salute: intendo la fede sui misteri della Redenzione.
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