(Gen. v. 9). Questo globo in parte solido ed in parte fluido dovea avere dei movimenti: io trovo in essi qualche circostanza, che mi riempie di alta ammirazione. Pensa, meco, o Uranio, che sulla terra doveva esservi una diversità di climi, una diversa lunghezza nei giorni e nelle notti, il giro continuo delle stagioni. Senza di ciò che sarebbe stato il nostro soggiorno? non è a dirsi, quanta vita doni alla natura quella perenne vicissitudine, che dopo aver tenute inerti sotto il gelo le fertili zolle, fa nei giorni più tiepidi sbocciar da ogni seme con tanta vigoria tutta la pompa de' fiori: e dopo avere colle vampe estive condotto ogni frutto alla sua maturità, concede un tempo più mite per conforto delle campestri fatiche. A produrre tanti vantaggi provenienti dal succedersi e dal mutarsi delle stagioni, io son d'avviso, che i filosofi tutti uniti non avrebbero saputo anche dopo secoli convenire nella scelta dei mezzi: io godo di figurarmi il loro imbarazzo, nel mentre mi par di vedere il dito dell'Onnipotente, che inclina alquanto sul piano dell'eclittica l'asse della rotazione terrestre. O meraviglia! con questo solo mezzo egli scioglie il gran problema; conseguita la moltitudine innumerevole dei desiderati effetti da un così semplice principio.
Gettiamo per un momento uno sguardo sulla superficie di questo globo. Perchè è così scabra ed irregolare? qui fiumi, e là foreste, qui valli, e là montagne: forse questa bizzarra disposizione è opera del caso? Ah! no, dice il sig. di Buffon (Téorie de la Terre): questa apparente imperfezione della figura del globo è una favorevole disposizione, ch'era necessaria a conservare su di esso la vegetazione e la vita.
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