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La Messia mi vide nascere e mi ebbe tra le braccia: ecco perchè io ho potuto raccogliere dalla sua bocca le molte e belle tradizioni che escono col suo nome. Ella ha ripetuto al giovane le storielle che avea raccontate al bambino di trenta anni fa; nè la sua narrazione ha perduta un'ombra della antica schiettezza, disinvoltura e leggiadria. Chi legge, non trova che la fredda, la nuda parola; ma la narrazione della Messia più che nella parola consiste nel muovere irrequieto degli occhi, nell'agitar delle braccia, negli atteggiamenti della persona tutta, che si alza, gira intorno per la stanza, s'inchina, si solleva, facendo la voce ora piana, ora concitata, ora paurosa, ora dolce, ora stridula, ritraente la voce de' personaggi e l'atto che essi compiono.
Della mimica nelle narrazioni, specialmente della Messia, è da tener molto conto, e si può esser certi che, a farne senza, la narrazione perde metà della sua forza ed efficacia. Fortuna che il linguaggio resta qual'è, pieno d'inspirazione naturale, a immagini tutte prese agli agenti esterni, per le quali diventano concrete le cose astratte, corporee le soprasensibili, vive e parlanti quelle che non ebbero mai vita o l'ebbero solo una volta.
Le facoltà della Messia si scontrano parte in questa, parte in quella delle mie novellatrici; ma tutte insieme no. La Rosa Brusca è una vecchia conoscenza per coloro che hanno veduti i miei Canti popolari siciliani. Anche essa è del Borgo, e anch'essa mi ha dettati non pochi racconti e storielle.
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