Il prof. Schneller riesce a metterne insieme sessantanove del Tirolo italiano, e con un bel mazzetto di altre tradizioni le fa di ragion pubblica in Innsbruck66. Novantadue ne raccoglie nelle province di Messina e Catania la signora Laura Gonzenbach67, moglie al colonnello La Racine, e novantacinque tra favole, esempi e ciarpe la prefata signorina R. H. Busck68. Così l'Italia, che ad ogni circostanza si vanta «D'ogn'alta cosa insegnatrice altrui,» deve ora richiamare dalla Germania e dall'Inghilterra i libri che le raccontano in tedesco ed in inglese le storielle di Giufà e di Giovannino senza paura, della Cenerentola e della Bella dalle tre melarance. Non è la voce delle giovani contadine, delle vecchie nonne, che si ascolta: è bensì l'eco lontana che a stento si riconosce in lingue tanto dai parlari italiani diverse. Per quanto la Novellistica si giovi di codeste versioni, l'orecchio cerca sempre qualche cosa che le ripeta nelle note forme e parole la novellina che la ricreò in tempi meno tristi, e la scienza esige che quale esce dalla viva voce tale venga ritratta la tradizione con quella disinvolta franchezza che procede per parole anche lì lì coniate quando l'efficacia del concetto sia indocile della parola ordinaria69.
Niebhur pensava perciò potersi questi avanzi d'antica mitologia esplorare in Italia da italiani, ma pensava pure non essere ciò a sperare. I recenti progressi degli studi hanno portato a realtà quel che quarant'anni addietro non pareva sperabile. Giovani spogli di pregiudizi hanno compiuti i voti del Niebhur e di quanti lamentavano tanta ostinata noncuranza degli Italiani; ed eccoli a dar fuori, nel volger di pochi anni, delle raccolte preziose.
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