In più gran numero le novelle indiane si erano anche prima estese verso le terre dell'Occidente e nel nord delle Indie. Per mezzo della letteratura buddhistica, che contiene numerose favole, parabole, leggende, racconti, le novelle indiane penetrarono sin dal 1. secolo a. C. in Cina e più tardi nel Tibet. Dal Tibet vennero finalmente col buddhismo ai Mongoli, che tradussero nella loro lingua i racconti indiani. I Mongoli regnarono quasi 200 anni in Europa, e aprirono perciò anche la strada d'Europa a cosiffatte novelle. Così da una parte furono i popoli maomettani, dall'altra i buddhisti coloro che propagarono le novelle indiane. Per la loro intrinseca eccellenza sembra aver esse assorbito quanto esisteva di simile presso i popoli ai quali pervennero: poche soltanto si son conservate nella lor forma primitiva; poichè la trasformazione che queste novelle hanno subìto soprattutto in bocca del popolo, prescindendo dalla naturalità della impronta d'un marchio nazionale, è apparentemente (mi servo anche qui delle parole del Benfey) quasi solo una vaga mescolanza, regolarmente presentata, di forme, di motivi e di accidenti già in origine disgiunti. Ed appunto a questo vanno esse debitrici di un'abbondanza che è solo apparente, giacchè nel fatto la gran massa delle novelle, specialmente europee, si riduce a un numero tutt'altro che considerevole di forme primitive, le quali con maggiore o minore fortuna, per attività sia nazionale, sia individuale, si son moltiplicate. I veicoli letterari formarono principalmente il libro persiano dei racconti del pappagallo, opere arabiche e molto probabilmente giudaiche; oltre di ciò vi è la tradizione orale specialmente nei paesi slavi.
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