Tra' miti meno sfigurati e quindi non difficili a riconoscere nelle novelle sono quello di Polifemo, quello di Amore e Psiche e varie imprese eroiche di Ercole. Mi affretto a dichiarare per coloro tra' miei conterranei che credessero il primo e il terzo di questi miti originariamente siciliani, che essi son tutt'altro che indigeni: appartenendo, benchč sotto forme diverse e spesso intieramente sformati, a tutti o presso che tutti i popoli di razza latina, slava, germanica ecc. I nomi, come avviene per ogni altra tradizione, spariscono, ma la favola resta piena dei particolari che ci vogliono per ravvisarla; onde se mancano i nomina restano sempre i numina.
Racconta il popolo che c'era una volta un gran mostro, che abitava in una grotta. Due frati viaggiando si smarrirono e abbatteronsi a quella grotta. L'animale, che pur si cibava di umana carne e di pecore123, e venti di queste uccise invitando gli ospiti a desinare, chiuse d'un sasso grandissimo la bocca della grotta, e con un ferro infocato trafisse a morte uno de' nuovi venuti, l'altro sollecitando a mangiare con lui arrostite le carni. Il quale, cogliendo il destro, arroventa un ferro e con quello acceca lo scellerato animale cercando e trovando scampo alla sua minacciata vita col nascondersi in mezzo ad una lanosa pecora; di che il mostro, udendolo gią libero, inferocisce a' suoi danni.
Questa novella udii e raccolsi io in Monte Erice da una ragazzina ad otto anni124, e non ci vuol molta fatica per iscoprire in essa il mito di Polifemo, che qui brevemente riferisco.
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