Un anno cadde la sorte sopra la bella Esione, figlia di Laomedonte; e sarebbe restata come le sue consorti, vittima se Ercole, pregatone, non fosse stato presto e valoroso a combattere ed uccidere la belva. L'ultima ed ugualmente felice impresa di Ercole è l'andata all'Orto delle Esperidi, ov'erano i pomi d'oro delle piante date da Giunone a Giove sposandosi. Un dragone a cento teste stava a loro custodia, cogli occhi sempre fissi sui pomi. Ercole, comandato d'andarli a prendere, s'indirizzò ad alcune Ninfe che abitavano presso l'Eridano per sapere da loro ove fossero le Esperidi. (Le Ninfe sono i romiti delle novelle, romiti de' quali prendono forma le fate). Le Ninfe lo mandarono a Nereo, Nereo a Prometeo che gli indicò il sito e quel che gli convenisse fare. Ercole si recò dunque nella Mauritania, uccise il dragone, si fe' padrone dei sospirati pomi d'oro, e così compì l'ultimo atto prodigioso148.
Ben è vero che quest'ultima opera è anche attribuita ad Anteo, come quella dell'uccisione della belva marina entra pure nelle imprese di Perseo, avente un padrastro anche lui, il quale ingelosito del bene che volean tutti al figliastro lo mandò ad uccider Medusa, colla cui testa Perseo fece impietrire una grossa belva marina già pronta a divorare Andromeda; ma se si cangia il nome, la impresa resta sempre la stessa.
La carne che il giovane della novella getta all'animale guardiano dei luoghi misteriosi ed incantati, il quale mangiandola s'acqueta149, richiama direttamente all'offa onde nel mito viene acquietato Cerbero.
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