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      L'antichità non fu avara di trasformazioni: e gli scrittori greci e latini ne presentano i più chiari documenti. Alla teogonia ellenica si devono quelle di Cecrope in scimmia, di Io in giovenca, di Ateone in cervo, di Dedalione in sparviero, di Coronis in cornacchia, di Linco in lince, di Mera in cane, di Callisto in orso, di Antigone in cerva, di Talo in pernice, di Tereo in gufo, di Filomela in usignuolo, di Progne in rondine, di Cadmo in serpente, di Decerte in pesce, di Nictimene in civetta, di Galante in donnola, di Asclapo in barbagianni e, per tacere del resto, dei soldati di Diomede in uccelli152.
      La Sirena che tiene stretta con una catena a sette maglie una povera e bella ragazza, è poco meno che una delle sirene dell'antichità, specialmente quando si guardi al fatto che essa, la sirena del mare, canta come un angiolo, e col suo canto addormenta gli uccelli153. Gli uomini selvaggi, feroci, mangiatori di carne umana, aventi un solo occhio sulla fronte sono i Ciclopi della favola, de' quali anche oggi ritengono il nome in Sicilia154; se non che in Sicilia hanno pure la potenza di tener incantate principesse reali. Reminiscenza mitica è quella della Sorte, della Fortuna, due personalità che spesso si confondono in una sola, rappresentate in una donna, assai spesso vecchia, la quale supplicata, e talora non chiesta, porge aiuti e soccorsi prodigiosi; essa è capricciosa: a chi dà a chi toglie, e rinnova i fatti dell'antica Fortuna, di cui apparisce una figlia poco dissimigliante se non una madre strana e misteriosa.


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Fiabe novelle e racconti popolari siciliani
Volume Primo
di Giuseppe Pitrè
pagine 500

   





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