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      I quali, maschio o femmina che sieno, affin di contentare l'antropofaga e di salvare l'innocente, non trovano altro espediente che quello di far nascondere agli occhi, non all'odorato, della sedicente madre o del padre che è di là da venire, quelle povere creature. In altre versioni di queste novelle le draghe son sostituite dalle streghe, che come quelle si presentano sotto vesti di vecchie tapine e brutte quanto sia dato immaginare. In un altro ciclo di novelle le mammedraghe sono fate premiatrici di buone, e punitrici di cattive opere.
      Curiosa è la fine di tutti gli esseri fin qui esaminati, meno le fate: la morte, sia in una calcara, sia in una caldaia d'olio bollente, sia impegolate, sia precipitate giù dai balconi, sia buttate in un forno.
      Ultimo di questi geni maligni, i demonii, non hanno una personalità spiccata che li distingua da ogni altro spirito malvagio. Non hanno forma sotto la quale si possano descrivere, perchè quando s'è nominato un demonio s'è già detto abbastanza perché non si domandi oltre. Il diavolo, il demonio — che per le tradizioni orali è lo stesso, — delle fiabe, non è il diavolo comunemente inteso, che è quello appunto dell'età della fede primitiva, cioè «un nemico infernale che esercita la virtù del cristiano, uno scoglio prominente nel vasto mare della vita, che ci avverte di tener ogni momento la via diritta che guida all'eterna felicità;» ma bensì quello che era talora nel medio evo, un essere indefinito nella magia, nella stregoneria, che misfà per propria volontà o per altrui.


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Fiabe novelle e racconti popolari siciliani
Volume Primo
di Giuseppe Pitrè
pagine 500