4. In Novara e Barcellona passa in g nelle voci lugiri (lucere) e derivati, digi (dicit), figi (fecit) ecc. E qui vuolsi notare che Barcellona è divisa da Pozzo di Gotto per mezzo del torrente Lungano; a Barcellona si pronunzia dici, fici, luci, duci; a Pozzo di Gotto, digi, figi, lugi, dugi.
5. In Palermo la c della sillaba cr sparisce in siretu (secretum), saristia (da sacrarium), sarificiu (sacrificium) e derivati. Questa sincope è, del resto, comune ad altre parlate anche lontane da Palermo: Mangano, Marsala ecc.
6. La c si trova scambiata con la z in mezzo alle voci arrizettu per risettu (da recipere), quazetta o cauzetta (da calceus) in Acireale e Chiaramonte, canzi per causi in Castelt.
Q Nulla offre di particolare questa lettera nelle parlate siciliane.
G 1. In principio di voce i Palermitani fognano la g innanzi ad a, o, u: 'addu (gallus), 'addina (gallina), 'alera (galea), 'amma (gamba), 'ana (?????), 'aribuli (Gallipoli, ga='a, ll=r, po=bu), 'atta (catus).
2. La fognano anche i Notigiani, gli Alcamesi, i Borgettani, i Terminesi, i Marsalesi ecc. ecc. nella sillaba gr: 'recu (grecus), 'rossu (grossus), 'ranni (grandis), 'ranciu (it. granchio).
3. Se poi precede a questa sillaba un monosillabo forte, allora non solo che la g resta, ma anche diventa rinforzata. In Noto la g palatale non torna, ma si afforza (come trovo in uno studio del sig. Corrado Avolio sul sotto-dialetto notigiano che è prossimo a pubblicarsi) in una doppia rr la r semplice: è rrecu (è greco), è rranni (è grande), cciù rruossu (più grosso).
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