Per riuscire a prendere il capello d'oro, il giovane avrebbe avuto consiglio di andar con due chiodi e un martello; ne piantasse uno sul tronco dell'albero e vi montasse su; indi un secondo chiodo, inerpicandosi sull'albero stesso; tirasse indi il primo per ripiantarlo, e così di mano in mano fino a giungere al capello d'oro, che massimamente di sera splendeva maravigliosamente.
Una lezione di Casteltermini col titolo La savia Sibilla non offre nessuna variante, altro che leggiere modificazioni di circostanze.
Lo stesso quasi può dirsi della Geschichte von Caruseddu (§ 2), n. 83 delle Sicil. Märchen.
Nella 30 delle stesse Sicil. Märchen, verso l'ultima terza parte, è innestato il racconto di questa tradizione, cominciando dalla ricerca che Cicco va a fare della Bella di tutto il mondo e finendo alla morte del re e al matrimonio della Bella con Cicco. Le altre due parti sono, la Ia. La vurza, lu firriolu ecc. e la IIa. Tridicinu.
Nella 6. delle Sic. Märchen, Giuseppe trova un formicaio affamato, un'aquila infitta a un albero da una saetta, un leone con una spina al piede. Sfama il formicaio e ne riceve una gamba di formica colla quale può farsi aquila; tira la spina al leone, e con un pelo della giubba di esso acquista la virtù di convertirsi in leone.
Un riscontro è pure nello Straparola, III, 1. «Dalfreno re di Tunisi ha due figliuoli, l'uno Listico, e l'altro Livoretto chiamato; dapoi per nome detto Pescarollo, finalmente Belissondra figliuola di Attarante Re di Damasco in moglie ottenne.
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