Lo stesso accade il giorno appresso; così il terzo giorno, in cui il fazzoletto è nero, e la bella lascia l'imbasciata che essa parte pel regno del padre e attenderà G. per 7 anni, 7 mesi e 7 giorni. Tornato G. alla locanda ov'è albergato, sospetta autrice dei suoi mali la vecchia locandiera, e la minaccia di vita se non gli svelerà tutto l'arcano dei suoi successi. Essa gli dà un anello di comando, e il consiglio che cerchi con sette paia di scarpe di ferro le sette montagne. Egli va e va; consuma le scarpe, e disperato batte una pietra in mezzo a un bosco; ne vien fuori un romito, che gli mette a disposizione un'aquila che lo porterà alle montagne dell'oro. G. si provvede di carne di maiale per l'aquila; ma nel viaggio essa finisce, e, dimandando l'aquila carne, egli si taglia i polpacci della gamba e glieli dà. Giunti alle montagne d'oro l'aquila gli rigurgita i polpacci, che G. s'appiccica. Mancano tre dì alle nozze dell'amante; G. coll'anello si provvede di abiti ed equipaggi sontuosi, e interviene per tre sere alle feste da ballo del Palazzo reale; balla, ignoto, coll'amante, e s'asciuga il sudore coi tre fazzoletti. La bella lo riconosce, e lo sposa: entrambi partono per andare a liberare le principesse incantate.
Una versione siciliana di questa novella è in GONZENBACH, n. 60: Vom verschwenderischen Giuvanninu (Giovannino lo sciupone), ove però è una conclusione differente dalla nostra. (Vedi la nota del KÖHLER a siffatta novella). — Molti punti di riscontro si hanno nella XXVI delle Novelline di S. Stefano del DE GUBERNATIS: La fanciulla e il Mago.
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