Al suono di quest'aquila ballavano gli animali e facevano scherzi di corsa. Fioravante fe' scendere quest'aquila alla figlia nel sotterraneo ov'ella stava con 11 donzelle. La notte il giovane uscì, e prima che altro sorbì il caffè pronto per la principessa. Ella gridò; gliene portarono un altro; lo stesso. Alla terza volta egli si svelò. Era affamato; la principessa si fe' venire un piccione, e di quello confortò l'amante, cui avvertì di venire a ricercare di lei sotto due mattoni della stanza da letto del padre, segnate colle lettere B e C. «Mio padre, soggiunge ella, dirà: — La principessa è fra 11 dame; volete conoscerla al ballo o al far calza? — Rispondi — Al ballo. Nel ballo, io mi ti getterò alle braccia. Chiedi me, allora. — E gli diede un diamantino col nome suo. Tutto fu eseguito a puntino nella ricerca, e l'orefice e la principessa furono Re e Regina.
Questa novella è greca albanese di Sicilia e fu raccontata da Antonino Capitò, villico, sui 40 anni.
Una versione siciliana è in GONZENBACH, n. 68: Vom goldnen Löwen (Il leon d'oro). Una versione toscana di S. Stefano in Calcinaja è in DE GUBERNATIS, n. VII: L'Argentofo.
La medesima novella trovasi narrata da Ser GIOVANNI FIORENTINO, nel suo Pecorone, Giorn. IX, n. 2: «Arrighetto figliuolo dell'imperatore, nascoso dentro un'aquila d'oro, entra in camera della figliuola del re d'Araona, e, fatto accordo con essa, la porta per mare in Alemagna ecc.
Nel Libro d'arme e d'amore nomato Mambriano composto per FR. CIECO da Ferrara, novamente stampato, (Ven. per Giorgio de Rusconi a dì IX agosto MCCCCCXI) il canto II è un episodio che corre pure in un libretto a stampa popolare col titolo: La storia perchè si dice «L'è fatto il becco all'oca» (In Bologna, alla Colomba, con approv.
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