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      (151) Una pietanza di piacere.
      (152) E cominciò a dirle tanti vituperi come s'ella fosse stata una donna da trivio.
      (153) Attintari, origliare, stare in orecchi.
      (154) A grancicuni, carponi.
      (155) Notisi che la narratrice nel nominare Suli, Perna ed Anna facealo con grida lamentose e strazianti.
      (156) E la stava riversando (buttando) dentro la caldaia d'olio.
      (157) Li pizzi di la nèspula, metaf., il sedere, le parti di dietro.
      (158) Raccontata da Rosalia Vàrrica.
      (159) Comu sfurnau ecc. Appena essa sfornò il pane, prese due pani minuti, e li diè, uno alla figliuola e un altro alla nipote. - «Prendete, dice, andate a riempire questa brocchettina d'acqua.»
      (160) E a tia ecc. E tu, che possa diventare brutta come la peste, colla faccia tutta butterata, beccata dagli uccelli, e che nel pettinarti possano caderti dal capo pidocchi, lendini e colubri in gran quantità! (Culorvi per metat„ invece di culòvrii come in tutta Sicilia).
      (161) Cirnigghiu, staccio.
      (162) 'Ntrinsichera, intrigante, ficcanaso.
      (163) Cucite vesti e mantiglie a più non posso (a battagghiuni).
      (164) Accenna al costume de' re e de' principi reali in Sicilia di buttare, uscendo in carrozza, monete d'oro e d'argento al popolo. Dubbuluna, plur. di dubbuluni, dobbla.
      (165) Farisi li vudedda pizzi pizzi come l'altra frase, farisi li vudedda 'na canigghia o fradici; vedi vol. I, pag. 326, n. 1 [vol. I, nota 1248 nell’edizione elettronica Manuzio]
      (166) Ma scantannusi ecc. ma temendo non volesse annegare anche lui.
      (167) Sammuzzari, attuffarsi.


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Fiabe novelle e racconti popolari siciliani
Volume Secondo
di Giuseppe Pitrè
pagine 388

   





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