(333) Ove lasciai mia madre.
(334) Baciandole sempre le mani.
(335) Vistioli, buoi.
(336) Le principesse fatate continuano il discorso col tu.
(337) Baccaruni, accr. di bācara, nelle prov. di Trapani e Girgenti, grossa brocca.
(338) Vo', bue.
(339) Lo tagliano pezzi pezzi e lo mettono dentro ('ta per 'nta, 'ntra, dintra, entro) una bisaccia.
(340) Lo buttarono alla ventura, da qualunque parte esso andasse.
(341) Mėsuru, per mísiru, misero, unirono, legarono.
(342) Zabbiari, tuffarlo nell'acqua.
(343) Guarda dov'eri (éritu eri tu) messo.
(344) Notisi come il dialogo che debbe avvenire tra il figlio e la madre, predetto dalle principesse fatate, mentr'esse lo prenunziano passa in bocca alla madre e al figlio stesso, sparendo la figura delle donne. Questo, siccome si sarā potuto vedere, non č infrequente nelle novelle, ove il popolo parla schietto, semplice, quale gli viene dal cuore il linguaggio.
(345) V'avete a spiccare da quell'angolo di stanza.
(346) Raccontato al sig. Gaetano Di Giovanni dal marammiero maestro Giuseppe Restivo.
(347) I fontanieri (mastri d'acqua) si sa (che levano l'acqua delle case a loro piacere).
(348) Un turchiceddu, un moretto.
(349) Circari pi varda e pi sedda, lett. cercare per basto e per sella, cioč cercare dappertutto, con premura e preoccupazione.
(350) Raccontato da Giovanni Patuano. il principio di questa fiaba somiglia alla Grāttula-beddāttula.
(351) Colle mamme vuote affatto di latte e perō avvizzite.
(352) Per multo tempo la cerva si ritirava senza una goccia di latte.
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