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      Li mercatanti, che 'l sanno, vanno molti insieme e bene armati, sí che non ànno paura di lor[o], e danno loro malaventura piú volte, ma no per tanto che pure si ne pígliaro. Ma non fanno altrui male, se non ch'elli rubano e tolgono altrui tutto l'avere, e dicono: «Andate a procacciare dell'altro».
      Qui si à pepe e gengiove e canella e turbitti e noci d'Ind[ia] e molte ispezie, e bucherame del piú bello del mondo. Li mercatanti recano qui rame, drappi di seta e d'oro e d'ariento, garofani e spigo, perch'elli non n'ànno; qui si vengono i mercatanti di Mangi e p[o]rt[a]nsi queste mercatantie per molti parti.
      A dirvi di tutte le contrade del paese sarebbe troppo lunga mena; diròvi del reame di Gufurat, e di loro maniera e costumi.
     
     
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      Del reame di Gufurat.
     
      Gufurat è uno grande reame, ed ànno re e linguaggio per loro. E' sono gente idolatri, e non fanno trebuto a veruno segnore di mondo. E sono li peggiori corsari che vadano per mare e' i piú maliziosi, ché quando e' pigliaro alcuno mercatante, sí li danno a bere i tamerindi co l'acqua salsa per farli andare a sella, e poscia sí cercano l'uscita, se lo mercatante avesse mangiato perle od altre care cose, per ritrovarle. Ora vedete se questa è bene grande malizia: ché dicono che li mercatanti sí le trangugiano quando sono presi, perché no siano trovate da' corsari.
      In questo paese si à pepe e gengiove asai e bambagia, ch'egli ànno àlbori che fanno la bambagia molto grandi, che sono alti bene 6 passi ed ànno bene 20 anni. Ma quando sono cosí vecchi, non fanno buona bambagia da filare, ma fassine altre cose; da 12 anni infino in 20 si chiamano vecchi.


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Il Milione
di Marco Polo
pagine 200

   





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