Si alzava col sole alla mattina ed accudite le domestiche faccende e dato un bacio al padre ed un abbraccio ad un gatto che colla sua domestichezza e fedeltà erasi guadagnato la tolleranza dell'infermo e tutto l'amore della fanciulla, volava lieta al magazzeno, ove amata dalla maestra per l'assiduità al lavoro e dalle compagne pel carattere schietto e la bontà dell'anima passava contenta l'intiera giornata.
Beata allorquando gli era data trascorrere la sera in dolce ozio col miccio in grembo, seduta ai piedi del padre suo, non era perciò dolente allorchè i bisogni della maestra e più ancora i suoi propri l'obbligavano a spendere parte della notte al tavolino da lavoro.
La compagnia del gatto le svaniva dalla mente ogni superstizioso timore e l'idea di migliorare l'esistenza del vecchio sofferente le allontanava il sonno allorchè s'aggradava pesante sulle di lei pupille.
Il padre superbo di tal figliuola soleva chiamarla il suo angelo e coloro che conoscevano la bella biondina approvavano unanimi la tenerezza paterna.
Fatti appena alcuni passi la biondina s'incontrò in un elegante giovinotto che percorreva da qualche tempo la via di S. Paolo nell'attitudine di chi aspetta qualcuno.
Vestiva egli con quella femminea ricercatezza che esigeva la moda de' suoi tempi.
I capelli portava incipriati e annodati indietro; indossava un lungo pastrano verde ricco di merletti e guarnizioni d'ogni sorta; il panciotto gli scendeva sin oltre le anche ed i pantaloni di stoffa rossa allacciati alle ginocchia lasciavano vedere il contorno di due gambe aggraziate e coperte da calze di seta.
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S. Paolo
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