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      - Marco! chiamò con voce più dolce.
      Il servo rientrò.
      - Dove vai adesso?
      - A dormire, signor conte, non me n'ha ella data licenza?
      - E mi abbandoni qui soletto come un cane mentre ne ho tanto bisogno di compagnia?
      Il conte sembrava commosso.
      - Ma non è forse quello ch'io bramo di rimanere con lei? Oh ma senta, signor padrone, proruppe il servo con espressione assai risoluta, se è una vendetta incompiuta, un odio non soddisfatto, un insulto patito, quello che lo rende così triste, si ricordi ch'io sono sempre pronto a farmi fare in mille pezzi per lei, comandi, io non verrei meno di fronte a qualsiasi pericolo, fossa anche di provare al boia che so fare il suo mestiere.
      - Lo credo, Marco, esclamò il conte rabbonito, tu mi sei affezionato e fedele, lo credo, ma ora non mi puoi far nulla. Ho l'inferno nel cuore, la confusione nella testa, sono malato.
      - Ma di una malattia non incurabile signor conte: disse Marco moderando la voce, penso io a guarirla. Lei ha bisogno di cambiare un po' d'aria, d'abbandonare per esempio Milano e fare una gita al suo castello di Magenta. L'aria di quel paese gli ha sempre fatto bene lo neghi se lo può, gli ha sempre portata la salute in mezzo ad un nembo di gioie, di voluttuosi piaceri... Magenta, ecco la ricetta infallibile.
      Il conte alzò gli occhi ed incontrò lo sguardo di Marco.
      Servo e padrone si compresero pienamente, un sorriso malizioso sfiorava le loro labbra.
      - E bisognerà risolversi a questa gita, proruppe Sampieri, non ci sono vie di mezzo, sono stanco io di sopportare più oltre questi ardori veementi, questi desideri di fuoco che mi tormentano giorno e notte e che mi fanno imbecillire.


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Una notte fatale ovvero Il ritorno dell'esiliato
Bozzetti Milanesi
di R.A. Porati
Editore Barbini Milano
1872 pagine 159

   





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