Entrava un uomo vestito con quella ricercatezza che si veste il popolo nei giorni festivi.
Il suo volto era pallido e coperto d'una barba fatta grigia forse, più da una vita di fatiche e di privazioni che dagli anni; la fronte rugosa, lo sguardo severo.
Camminava con fatica ed appoggiato ad un bastone; pareva che avesse sofferto o che soffrisse tuttavia qualche malanno ad una gamba.
Chiese di parlare alla Direttrice del collegio e la trovò in un gabinetto attiguo al giardino.
- Ah, siete voi papà Gervaso, le disse la Direttrice in tuono cortese ed invitandolo a sedere; vi mandano certamente i genitori di Erminia per avere notizie della loro figliuola. È sempre la stessa quella cara creatura, è sempre la più buona, la più intelligente delle mie educande, è sempre la mia protetta.
- Signora, favellò papà Gervaso con qualche ruvidezza, mi dispiace il dirvi ch'io non sono per niente affatto del vostro parere; Erminia da un mese a questa parte si è di molto cambiata, ha perduto quella pace, quella giocondità d'animo che costituivano il suo bel carattere. Ci scrive certe lettere che fanno venire le lagrime agli occhi. Erminia non è più felice, soffre e gli è per domandarvene una spiegazione che son venuto da voi.
- V'assicuro ch'io so nulla di tutto questo, rispose la Direttrice sorpresa.
- Ah, voi sapete nulla, continuò Gervaso; ve lo dirò io il motivo: perchè quella povera fanciulla non ha la fortuna di essere nobile e ricca come tutte le sue compagne e voi la trascurate e per lei non avete cure.
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Direttrice Gervaso Direttrice Erminia Gervaso Erminia Direttrice Gervaso
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