- Ecco quà, saltò su Bastiano, gli è che mia moglie ed io dobbiamo sortire un momento insieme; è una faccenda che sbrigheremo in poco tempo e volevamo pregar voi a fermarvi qui sino al nostro ritorno. Verrà magari nessuno, ma capirete per l'onore della casa bisogna che ci sia sempre qualcuno alla porta.
- Se avete tempo ci fareste proprio un favore, aggiungeva Maddalena.
- Ma altro che tempo, rispose Marta, di sopra non ho più nulla a fare e scendeva appunto per prendere una boccata d'aria. Fate pure le cose vostre con tutto comodo e senza pensieri, che son quà io.
- Brava la mia Martuccia!
E Bastiano dando braccio a sua moglie s'avviava alla vicina osteria in cerca di Nicodemo.
Nicodemo Panighetti ebbe i suoi natali nel paese di Magenta.
Egli è uno di quegli uomini che quantunque senza meriti, senza virtù straordinarie, col solo favore d'una fortuna mai sempre propizia si videro lanciati dall'umile tugurio in cui nacquero al ricco palazzo, dalla povertà all'agiatezza.
Nicodemo apparteneva ad una miserabile famiglia di contadini, quantunque egli si vanti l'ultimo rampollo d'illustre casato ridotto al nulla da funesti avvenimenti politici.
Giovinetto abbandonò il paese che lo vide nascere e sen venne a Milano in cerca d'una professione meno dura di quella che lo condannava a sudare sulla marra il pane quotidiano.
Venne ammesso in qualità di stalliere al servizio del conte C*** il padrone attuale dei Paglini, ove si mostrò, bisogna dirlo a sua lode, servo attivo, fedele ed affezionato.
Crescendo sempre più cogli anni nell'animo infermo del conte quell'avversione agli uomini che noi gli abbiamo già osservata, non volendo aver più nulla affatto di comune con loro, decise vendere cavalli e carrozze e vivere solo nella sua casa, concentrato in una bizzarra misantropia.
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