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      Nicodemo cessando la ragione del suo impiego doveva essere pur lui licenziato ma seppe così bene curvar la schiena che il conte se lo creò suo domestico.
      Anche in questo nuovo impiego Nicodemo diede prove di buona volontà e d'un grande attaccamento al suo padrone, quantunque spessissimo la povertà dell'ingegno lo lasciasse imbarazzato, confuso nel disimpegno delle modeste incombenze.
      Scorsero alcuni anni e moriva il vecchio maggiordomo e segretario del conte C***.
      Nicodemo cui la fortuna s'era incaricata del suo avvenire venne pregato d'assumerne le poche mansioni ed eccolo divenuto in una volta domestico, segretario, maggiordomo, intascandosi regolarmente ogni mese il triplice suo assegno.
      Pervenuto a codesta altezza ch'egli credeva enorme considerato il punto di partenza finì coll'attribuirsi tutta a sè stesso la rapidità della sua carriera; credette possedere meriti non comuni ed il buon uomo si stupiva di non essersene mai accorto.
      Allora divenne un tantino superbo; sdegnava quasi di parlare co' suoi inferiori ed allorquando non poteva farne a meno adoperava frasi e maniere ch'egli credeva proprie alle persone d'alto affare.
      Voleva darsi dell'importanza.
      Camminava a tal uopo diritto nella persona, a passi gravi e misurati.
      La natura per altro l'aveva dotato di buon cuore e d'una certa sensibilità; togliendo quel suo sciocco orgoglio, quella fatua ostentazione di serietà, quel suo frasario ridicolosamente ricercato, Nicodemo era l'uomo il più inoquo di questo mondo.
      Erano pochi minuti che Marta si trovava nel camerino de' portinaj allorquando entrava Nicodemo.


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Una notte fatale ovvero Il ritorno dell'esiliato
Bozzetti Milanesi
di R.A. Porati
Editore Barbini Milano
1872 pagine 159

   





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