Vana ci rescì ogni richiesta, la poverella non sa risponderci che con lagrime. Credemmo che rimembrando gli agi e la vita signorilmente attiva del collegio le venisse a noja i costumi semplici e modesti della nostra casa e senza aver coraggio di lagnarsene si crucciasse segretamente. Bisogna dare adunque alla sua esistenza nuovo indirizzo, nuove cure, mi suggerì mio marito e queste non le può trovare che a fianco d'un compagno amato, che in mezzo ad una cara famigliuola. Allora pensammo a lei. La credemmo capace di rasserenare l'avvenire della nostra Erminia, di rifiorirle i suoi anni coll'affetto santo e cordiale di sposo. Perdoni signor Nicodemo, perdoni la mia franchezza, mia figlia è degna di lei, se lo può la faccia felice, è una madre che la supplica, una madre che non vive a questo mondo che per la sua diletta figliuola.
Il maggiordomo riavutosi appena dal primo stupore ricadde subito in un altro non meno profondo allorquando comprese chi gli veniva proposto in moglie.
Malgrado il suo ingenuo orgoglio egli non aveva mai osato sollevare gli occhi sino in volto ad Erminia.
Erminia con quella sua candida bellezza, con quella soave modestia, con quel piglio delicato e civile gli incuteva troppo rispetto e venerazione perchè potesse formar dei progetti su di lei.
Ma ora vedendo che dal lato de' suoi parenti non avrebbe incontrata alcuna difficoltà, anzi veniva da loro invitato a domandarla in isposa si ringaluzzì.
Finse nondimeno riflettere un istante ed invece pensò in cuor suo:
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Erminia Nicodemo Erminia
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