Erano rimasti soli alla custodia della casa Maddalena e papà Gervaso; la prima agucchiava in un angolo cantarellando sottovoce un'arietta che soleva intuonare nei momenti di buon umore; il secondo riposava tranquillo gli acciacchi della vecchiezza.
Allorquando si fa udire in istrada lo scalpitare d'un cavallo che dai portoni di Porta Nuova slanciasi a carriera verso il centro della città.
Ad un tratto s'arresta imbizzarito, s'impenna, volteggia e caracolla con grave pericolo di chi lo cavalca.
Maddalena e Gervaso tendono l'orecchio e mossi da un medesimo istinto di curiosità si fanno sulla porta.
Il focoso animale non si lascia domare dalla voce nè dalle carezze del cavaliere e continua il pericoloso giuoco.
Ha le narici dilatate e la bocca coperta dì spuma sanguigna.
Nitrendo spicca voli o slanci arditissimi e sembra suo scopo liberarsi da chi lo stringe robusto fra le ginocchia.
Morde convulso il freno e dagli occhi getta scintille.
Gli sproni che gli lacerano le carni e lo scudiscio che lo batte ripetutamene l'infuriano sempre più, si rizza con tal forza sulle gambe posteriori da far credere che abbi a ricadere indietro.
Il cavaliere comincia a perdere la primitiva franchezza ed impallidisce; egli è un giovine in sui venticinque anni di aspetto simpatico e signorile.
Smarrito si aggrappa al collo del cavallo e collo sguardo cerca qualcuno che arditamente l'afferri e lo domi.
Ma in questo mentre la zampa ferrata del destriero, poggiata con isconsideratezza sul lastrico, scivolò, e l'animale cadde strascinando seco il giovine, che battuta la testa sui sassi, svenne facendosi una larga ferita.
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Maddalena Gervaso Porta Nuova Gervaso
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