Ma il giovine errava molto lungi coll'immaginazione; correva dietro ad un caro fantasma evocatogli dal cuore.
Emise un sospiro e ripetè:
- Eppure m'era parso di udirla!
- E l'avete udita difatti, aggiunse papà Gervaso.
- Cosa dite? domandò Flavio vivamente.
- Ch'ell'era qui un momento fa.
- Ma chi?
- Erminia.
- Oh, perchè non l'ho veduta!...
- L'amate ancora adunque?
- Se l'amo!
Ed in queste parole eravi concentrato tutto quanto sa esprimere di più caro, di più intimamente affezionato.
- Eppure vi ho detto che non avreste potuto mai farla vostra!
- È vero, ed allora ho creduto senza pure domandarvene la ragione; è strano, pareva che m'avesse parlato mio padre istesso, ch'egli in persona mi dissuadesse dal mio amore. Ho cercato infatti di dimenticarla; tutto tentai, e novelle passioni e bagordi e viaggi, ma la bella immagine della mia Erminia avevo sempre dinanzi a me raggiante di celestiale candore. Soffriva, m'indispettiva con me stesso, avrei voluto strapparmi il cuore dal petto, e forse allora solo sarei riuscito frenarne i palpiti. Ma mi stancai d'una vita di sacrifici continui, compresi che la mia felicità dipendeva da quella fanciulla, e mi diedi a cercarla per farla mia ad ogni costo. L'avrei disputata al mondo intero. Corsi a Monza dalla Direttrice dal Collegio, le mostrai le mie oneste intenzioni e la pregai colle lagrime agli occhi a dirmi dove poteva rinvenire Erminia. Ma quella donna si ostinò in un silenzio incomprensibile. Ritornai mesto ma non iscoraggiato, ed incominciai a Milano le mie ricerche; ma esse furono sempre vane.
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Gervaso Flavio Erminia Monza Direttrice Collegio Erminia Milano
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