Oh, se voi la conoscete, parlate, toglietemi ve ne scongiuro, da un isolamento troppo penoso. S'io sono indegno di possedere quell'angelo, il suo amore mi nobiliterà, mi sagrificherò tutto intiero a lei, tutto porrò ai suoi piedi, le mie ricchezze, i miei titoli....
- Voi siete nobile e ricco, interruppe Gervaso commosso, ecco l'unico ostacolo che si frappone al vostro amore; disgraziatamente ella non vi è pari in nascimento.
- E che m'importa?
- Non è ricca.
- Lo sono io.
- Badate!
- Voi la conoscete adunque, oh parlate!...
- Eppoi?
- Eppoi vi giuro che chiunque ella sia diverrà mia sposa.
- Ebbene ella è figlia di codesti portinaj, voi siete quì in casa sua.
- Oh!
- Giovinotto, il vostro giuramento?
- Lo manterrò. Non mi sono mai lasciato vincere da pregiudizi umani, la nobiltà di nascita io non la credo un merito, la vera nobiltà consiste in un cuor leale e grande, in sentimenti generosi e magnanimi e da questo lato essa val più di me.
- Non vi aveva adunque mal giudicato. Ma dite e vostro padre?
- Ah, mio padre?
Era il grido di colui che vien destato alla realtà della vita nel momento di concepire un bel sogno.
- Egli mi ama, mormorò Flavio con tristezza, ma è troppo orgoglioso per rinunciare a' suoi diritti di sangue.
- E chi è desso? chiese Gervaso impensierito.
- Il conte Renato Sampieri.
- Chi? chi avete detto? proruppe il vecchio trasalendo.
Flavio ripetè quel nome che scosse papà Gervaso una seconda volta.
- Lo conoscete voi forse? domandò il giovine.
Gervaso rientrato in sè stesso parve riflettere profondamente; scosse la testa in segno di dubbio e mormorò:
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