.. ed io allora indietro a berne un'altro boccale alla sua salute! E non l'ho pagato io, sapete? Gliel'ho ficcato in corpo al nostro maggiordomo illustrissimo con una partita alla mora. Evviva la mora! È il mio giuoco prediletto. E sempre col sei io vinco, sei... sei... sei... sfido il diavolo a resistermi.
Intanto Erminia calmatasi dalla sua alterazione cerebrale erasi abbandonata ad un sonno benefico.
Sua madre contemplò per un istante quel volto leggiadro su cui stava visibilmente impressa l'impronta del dolore, indi scese da papà Gervaso.
- Come sta? le domandò con premura il vecchio.
- Meglio, rispose la madre.
- Povera ragazza!
- Ho tutto compreso finalmente, aggiunse la povera donna asciugandosi una lagrima; essa ama quel giovine e l'ama alla follia; voi sapevate tutto e me n'avete sempre fatto un mistero.
Il vecchio scosse mestamente il capo e mormorò:
- Sperava che il tempo guarisse un amore che non potrà mai essere benedetto; e vi riusciva il tempo, ma il destino spingendo quell'uomo in questa casa ha distrutto in un attimo l'opera dolorosa di tanti giorni.
- Non vuol saperne lui forse della mia figliuola?
- Ma si può vedere quell'angelo senza sentirsi tocco il cuore? Egli l'ama e la farebbe felice, ma disgraziatamente è nobile e ricco ed ha un padre orgoglioso troppo de' suoi natali per permettergli il matrimonio con una figlia del popolo.
- La lascierò adunque morire sotto i miei occhi consunta dal dolore e dall'angoscia!... Oh mio Dio, la felicità sarà solo per i ricchi! I poveri non dovranno aprir gli occhi che per piangere!
| |
Erminia Gervaso Dio
|