- Ed io invece vi credo uno sfacciato impertinente e come tale vi scaccio da casa mia.
Il conte stese la mano sul campanello.
- Fate pure, riprese Gervaso, ma domani voi sarete smascherato e Milano avrà il piacere d'assistere ad un processo per falso.
Il conte restò annichilito col campanello in mano; comprese che bisognava mutar tuono, epperò soggiunse con piglio più dolce:
- Ma infine avete voi le prove di quanto dite?
- Le ho.
- Non lo credo.
- Non lo credete? E se vi dicessi che il vero conte Renato Sampieri bandito in esilio nel 1778 colla moglie ed un bambino morì a Barcellona in Ispagna un anno dopo e che io tengo il certificato autentico della sua morte? Se vi dicessi che passati pochi mesi morì pure sua moglie e che in allora un servo, uomo astuto ed ambizioso, impossessandosi delle di lui carte, grazie ad una fatale somiglianza ed al figlio ancora troppo bambino, si fece credere dovunque pel conte defunto nelle viste di rimpatriare un giorno ed usurparne gl'immensi beni? Se vi dicessi tutto questo, sentiamo, mi credereste in allora?
Il conte era pallido ed eccessivamente alterato; fissava Gervaso quasi volesse leggervi qualche cosa sotto quella fronte rugosa e tetra e proruppe con accento disperato.
- Ma chi siete voi adunque?... Ah!
Era il grido d'un uomo colpito da un'idea; lo sguardo del conte gettò un lampo di soddisfazione, si prese il capo fra le mani e parva riflettere un momento; indi riprese con calma ironica, pressochè insultante.
- Questo Renato Sampieri, dirò io pure alla mia volta, aveva un fratello per nome Alberto che sotto l'accusa d'assassino venne condannato a morte.
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