- Pure, continuò il sedicente conte, giacchè il caso ci ha fatti incontrare, signor.... Alberto Sampieri, noi non possiamo che vivere o in un amichevole accordo, ed a questo non sembrate molto disposto, oppure a quattr'occhi, senza scandalo, dirci: uno di noi è di troppo, bisogna che il caso ancora, pensi a far scomparire per sempre il superfluo. Sarete pur voi del mio parere.
Gervaso comprese trattarsi d'un duello a morte.
Smascherando pubblicamente il falso conte, Gervaso abilitava Flavio a compiere il voto ardente del suo cuore sposando Erminia, dolce cura pure del vecchio; ma il conte gli aveva fatte delle giuste osservazioni.
Un duello era adunque l'unico mezzo che gli restava per sbarazzarsi dell'audace che con tanta ostinazione persisteva a mantenersi ad un posto usurpato.
Si risolse alla trista partita.
Lanciò sul conte uno sguardo di fuoco e proruppe:
- Ebbene sì, o signore, voi l'avete detto, uno di noi deve scomparire per sempre. Ci batteremo.
- Benissimo, riprese il conte col massimo sangue freddo, allora se mi permettete farò io le condizioni.
- Fate pure.
- Due colpi di pistola ciascuno, a dieci passi di distanza; tireremo a piacimento movendoci incontro. Accettate?
- Accetto.
- Domani all'albeggiare, alla mia villa di Melzo; nessuno verrà a disturbarci.
- Ci sarò.
- Condurrete il vostro padrino, uno solo può bastare; provvederò il mio.
Ed il conte alzatosi licenziò Gervaso con un inchino.
La giustizia della causa cui si faceva difensore aveva infiammato papà Gervaso di nobile entusiasmo; egli si sentì ritornar il vigore della sua gioventù ed il duello terribile che aveva accettato non gli faceva punto fallire il cuore in petto.
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