Flavio si ricompose.
Vi fu un'istante di silenzio ma i due giovani avevano troppe cose a dirsi per lasciar scorrere inutilmente il loro tempo.
- Come sei bella Erminia, ricominciò Flavio divorandola cogli occhi; sei sempre la vereconda ch'io vidi per la prima volta a Monza sotto l'abito modesto di collegiale.
- Mi ricordo anch'io di quel bel giorno; tu mi seguisti in Chiesa.
- Un tuo sguardo bastò per affascinarmi, ti vidi Erminia e t'amai. Oh, io non potrei ridirti quello che ho provato in allora a te vicino nel raccoglimento santo del Tempio! Io non potrei ridirti i palpiti del cuore, la commozione soave, l'estasi ineffabile ond'io mi sentiva rapito contemplandoti bella di tua celestiale bellezza, divotamente leggendo un libriccino di preghiere! Era un primo amore, chi può descriverne le sublime dolcezze?
- In quel giorno tentai inutilmente di rivolgermi al Signore. Tu eri sempre là davanti a' miei occhi, li chiudeva gli occhi, ma ti vedeva lo stesso.
- Platone comprese un mistero divino quando affermò le anime destinate ad amarsi ricevere prima di nascere in Cielo l'impronta della creatura diletta. Noi ci ameremo sempre e d'un amore immenso...
- Oh sì, immenso; ripeteva la fanciulla rapita in una dolce esaltazione.
- Eterno... continuava Flavio.
- Eterno.
- Correremo indissolubilmente uniti e felici l'azzurro sentiero della vita.
- Uniti e felici!
E la tenera Erminia frenava in volto a Flavio i suoi grand'occhi azzurri sfolgoranti d'amore e questi non potendo resistere alla piena d'affetti che gli tumultuava in cuore tentò una seconda volta di rapirle un bacio.
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