Laonde quando la Cina incomincia a far conoscere sè stessa per mezzo de’ suoi antichi monumenti letterarj, essa ci si presenta come una nazione già costituita, con saggie e bene stabilite istituzioni. Pertanto i primi tempi di quella storia appariscono come un’età dell’oro; i primi sovrani che sono rammentati rappresentano l’idealità, la perfezione umana.
Il racconto de’ fatti che avvennero in que’ tempi, fa naturalmente intravedere un’epoca, durante la quale dalla barbarie a poco alla volta la schiatta sinica arrivò a quello stato di civiltà, nella quale la fanno vivere i libri canonici confuciani, quando cominciano a farne la storia. Le tradizioni di questa età preistorica, della quale Confucio e i suoi seguaci non vollero tener conto, non andarono del tutto perdute; e si conservano più o meno corrotte, ma sempre importanti a conoscersi, in scritture reputate apocrife.
Secondo esse, circa tremila anni avanti l’êra [4] nostra, un capo di tribù per nome Fui-hi, andò colla sua gente a stabilirsi nella valle inferiore del Fiume Giallo. Prima di lui, la tradizione ci parla dei Cinesi come di una schiatta di costumi nomadi, vivente col prodotto della caccia. Era la vita che essi menavano nei deserti del settentrione d’onde eran venuti, e dove il suolo stesso richiedeva siffatto modo di vivere, come lo mostrano le orde mongole che lo occupano anche oggigiorno.
Scesi nelle fertili pianure dell’Hoang-ho, dove la flora e la fauna stesse gl’inducevano a mutar tenore di vita, diventarono agricoltori.
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