A quel certo punto d’incivilimento, a cui alludo, s’incominciano a trovare assurde le antiche idee, nasce un senso di disprezzo per le antiche tradizioni. Nuove idee, relativamente più ragionevoli, pigliano il posto delle antiche; ma questo cambiamento di rado è possibile e l’edifizio crolla, prima che si possano mutare le pietre che ne compongono la base.
Si ripete spesso quel che il Vico cercò dimostrare, che v’è un’infanzia, una giovinezza e un’età matura, anche nel mondo, com’egli si esprime, delle nazioni. Ma un’altra rassomiglianza hanno i popoli con gli individui, ed è questa: che la seconda metà della vita, è di frequente impiegata a distruggere quel che la prima ha edificato; o, se non a distruggere del tutto, a sostanzialmente modificare. In occidente la trasformazione dell’antico è stata profonda: tradizioni, costumi, arti, scienze, tutto in somma si è andato più d’una volta mutando.
[13] I primi a tentar di rompere i vincoli che legano un popolo al suo passato, sono quegl’ingegni eletti e irrequieti, che si posson riguardare come la personificazione del grado di coltura e di civiltà, a cui quel medesimo popolo è arrivato. Dapprincipio ciò è cagione di danno agli innovatori, che divengono bene spesso martiri; perchè il popolo è geloso fino a un certo punto del suo passato e si oppone a chi primo lo manomette; ma col tempo acconsente anch’egli a sorridere delle memorie della sua fanciullezza, poi a discuterle e finalmente a tenerle per favole indegne di gente incivilita.
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Vico
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