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      Far ciò, sarebbe esporre l’opera di Confucio, che radunò e modificò a suo modo le memorie del passato; e narrare le geste del primo sovrano della dinastia dei Ts’in, il quale, distruggendo i diversi Stati che componevano l’antica confederazione, e istituendo la grande monarchia cinese, contribuì, senza volerlo, a fare che questa tradizione, la quale a’ suoi tempi aveva finito per esser quella di uno solo degli Stati, diventasse in appresso tradizione nazionale. Dirò soltanto che essa è una tradizione puramente storica e civile, la quale lascia libero il campo al pensiero e alla fede. Il solo limite a questa libertà, sono la saldezza delle [16] istituzioni politiche, e la sicurezza dello Stato. Ogni sistema filosofico o religioso, che non metta a rischio l’esistenza di quelle o di questo, ha potuto liberamente svolgersi nella Cina; e vi ha trovato, e vi troverebbe anche oggi, la più schietta e sicura tolleranza.
      L’affetto incrollabile de’ Cinesi per le istituzioni fondamentali del loro civile consorzio, sentimento che li ha salvati dall’esser travolti nella comune rovina delle altre civiltà, è dunque ben giustificato. Quante sventure sarebbero state infatti risparmiate all’umanità, se alcuni principi veramente santi di questa umana tradizione non fossero stati dimenticati da’ divini compilatori de’ codici sacri d’altre genti!
      Passiamo ora all’altro argomento, quello cioè di sapere perchè importi tanto poco, a noi occidentali, lo studio de’ fatti che compongono la storia della Cina.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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