Di tal fatta sono appunto i nomi di Unni, Turchi, Kitani, Mongoli e Tartari; i quali sono da applicarsi a genti di una medesima razza, diversamente chiamata in tempi diversi, secondo la [74] importanza che ebbero nella storia dell’Asia centrale. Così tra il III secolo a. C. e il III secolo d. C., le storie cinesi chiamano i popoli nomadi col nome di Unni (Hiung-nu); dal IV al X secolo d. C., li chiamano col nome di Turchi (Tuh-kiueh); dall’XI al XIII secolo, con quello di Kitani (Khi-tan); dal XIII al XVII secolo, con quello di Mongoli (Mong-ku); e dopo il XVII secolo prevalse quello di Tartari (Tah-tan, Tah-tse o Tah-tah-’r). Stando dunque ai documenti che ci fornisce la Cina, i popoli conosciuti in Europa coi nomi di Unni, Turchi, Mongoli e Tartari, sono tutti da ascrivere ad una stessa schiatta, e da riguardare come usciti da uno stipite medesimo, ma diversamente chiamato in età diverse. I contatti, la mescolanza con elementi estranei alla razza gialla, modificarono più volte e in varia guisa il tipo primitivo, formando varietà, spesso assai dissimili, ma aventi un’origine medesima.
VIII.
I Cinesi distinguono nettamente la loro nazione dalle altre popolazioni, che fino dall’antichità più remota occuparono la regione a nord di quella da essi occupata. E non intendo dire che essi si tenessero diversi, per la superiorità della loro condizione sociale, [75] ma bensì se ne distinguevano, considerandosi di stirpe diversa. Essi non si riguardano appartenenti alla razza mongola, come noi siamo soliti riguardarli; e nessuno dei nomi, coi quali venne designato il complesso di quelle popolazioni barbare è applicabile ad essi.
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