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      Le terre, prima della dinastia Ts’in, venivano dallo Stato compartite agli agricoltori, per gruppi di otto, e talvolta dieci famiglie; le quali formavano una azienda rurale o comune agrario, legato da comuni interessi; sebbene ciascuna famiglia avesse il proprio campo, in proprietà privata, ma inalienabile. "L’ottimo sistema de’ comuni agrarj,(37) - dice un autore cinese - è fondato sul principio d’equità. Gli antichi sovrani stimavano essere il suolo cosa pubblica, e riguardavano i bisogni del popolo come lor proprj bisogni; laonde il frutto della terra era al popolo equamente diviso.... Questo principio, mantenuto saldo, rese prosperi gli Stati per oltre mille anni, fin che la schiatta dei Ts’in non s’impossessò del trono"(38).
      Un altro autore, citato da Ma Twan-lin, al lib. II, [91] f. 23-24 della sua opera, così si esprime: "Da prima la terra coltivabile della Cina fu tutta pubblica, nè mai alcuno ne ebbe il possesso. Quand’ecco che i forti, riuscendo ad adunare il guadagno di molti, che costringevano a star loro soggetti, s’arricchirono; e i deboli, non avendo più neanche da coltivare un campicello, diventarono miserabili vagabondi. Allora lo Stato, regnando savissimi re, fece sue le terre, e le compartì equamente; togliendo così ogni occasione al potente di soverchiare il debole. Per tal modo ciascuno ebbe il suo campo, che ciascuno doveva da sè stesso coltivare; e i troppo ricchi e i troppo poveri disparvero allora nella Cina. Arrivati alla dinastia dei Cheu (1122 a. C.) l’assettamento agricolo del suolo cinese fu compiuto e perfetto; nè mai in altro tempo se ne ebbe il migliore".


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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